Un lavoro di contaminazione all'insegna
del multiculturalismo. Bia Dischi pubblica il nuovo album della formazione
campana, che festeggia dieci anni di lavoro tra rock contemporaneo, world music
e ricerca tra linguaggi diversi
Bia Dischi 2019
7 tracce |
23 minuti
Fonexénos, il
nuovo album della Rua Catalana, è un tentativo di abbattere barriere e
steccati in favore di un dialogo multiculturale, che i ragazzi campani hanno
affrontato sin dai
tempi della fondazione del gruppo nel 2009. Dieci anni dopo la nascita, La Rua
Catalana torna con un lavoro di pregevole sintesi, che mette
insieme ascolti di gioventù, nuovi orizzonti sonori, frammenti vocali
tradizionali e ricerca sul suono, in un progetto che rappresenta pienamente
l'indole eclettica e imprevedibile del quintetto. Come
sottolinea Ernesto Razzano di Bia Dischi, Fonexénos
«chiede all’ascoltatore di riappropriarsi del tempo di ascolto». Una
sfida importante per La Rua Catalana, che ha elaborato sette brani in
studio insieme a Fadà immaginando una stratificazione di idee, spunti e
cellule sonore per offrire all'ascoltatore un'esperienza, più che un semplice
disco. «Chi conosce la nostra idea della musica sa bene che pubblichiamo solo
quando ci sentiamo di dover dire qualcosa, la sfida è sempre alla base del
nostro lavoro, non è un caso che dopo molti anni siamo ancora qui. Fonexénos
è il disco che sentiamo più nostro perché lo abbiamo prodotto pezzo per
pezzo da noi nel luogo dove abbiamo trascorso più tempo insieme: il nostro
studio, proprio quello dove tutto è iniziato».
Cantato in inglese, sorprendente nella
miscela di elementi che vanno dai passati ascolti progressive all'indie rock
attraversando musica d'autore e popolare, Fonéxenos si
confronta anche con la tradizione, quella del Sannio dal quale il quintetto
proviene e quella africana, come dimostrano la voce arcaica di Giovannina in
Procession (registrata durante i riti penitenziali di Guardia
Sanframondi) e quella di Encen Manaky (richiedente asilo della Guinea
Bissau) in In 7 violini: «La cultura orale sannita è straordinaria
perché eterogenea e ricca, cambia radicalmente nelle diverse zone pur essendo
una provincia tra le più piccole dell'Italia. Ci incuriosiva la possibilità di
colorare la nostra musica con sonorità assolutamente originali, volevamo un
suono personale che avesse a che fare con le nostre tradizioni più antiche. Il
nostro paese sta conoscendo il multiculturalismo che ha effetti ovviamente
anche sulla musica, abbiamo immaginato come persone quali Encen
Manaky, che vengono da posti lontani, potessero entrare in contatto con la
nostra cultura musicale e magari rinnovarla. Basta pensare alla musica
anglo-americana, dietro al cui successo c'è sicuramente la molteplicità di
riferimenti propri delle società multietniche. Ne riparliamo fra trent'anni
quando tutto ciò avrà attecchito anche in Italia…».
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